MASSIMO, classe 1948; a 53 anni accusa i primi sintomi della Sclerosi Multipla. La malattia gli cambia la vita ma non scalfisce i valori in cui crede e che lo fanno persona attenta alle necessità del prossimo. Massimo lavora e vive in provincia di Vicenza.
Dapprima i sintomi lievi, subdoli ma fastidiosi, poi il darsi da fare per avere una diagnosi e infine le speranze riposte in una terapia; come hai vissuto questo momento della tua vita?
Prima del 2001, anno in cui sono cominciati i primi problemi di salute, conducevo una vita molto intensa, quasi frenetica.
Nel ’90 adottai due bambine Cilene di 4 e 6 anni: mi dividevo tra la famiglia, un lavoro impegnativo, la conduzione di una “mini” fattoria (con vigneto, cavalli, conigli, galline, piccioni, cani e gatti) e nei ritagli di tempo mi dedicavo a qualche hobby. Cento cose facevo e mille nuove ne progettavo! Nel 2001 una forte stanchezza ridusse progressivamente le mie energie limitando le mie attività. Successivamente la situazione si aggravò interessando gli arti di sinistra, con formicolio e mancanza di sensibilità. Le risonanze magnetiche alle quali mi sottoposi riscontrarono lesioni cerebrali e midollari. I vari specialisti che consultai ipotizzarono diverse cause: da “malato immaginario ” ad affetto da sclerosi laterale amiotrofica (un tipo di sclerosi multipla che porta alla morte in poco tempo), poi la sclerosi multipla classica e infine una malattia demielinizzante rara di tipo idiopatico. Questo “non sapere” cosa mi stava succedendo, e quindi la conseguente impossibilità di curarmi al meglio e combattere la malattia, mi creò fra l’altro un “vuoto psicologico”. Un altro grosso problema che dovetti affrontare, fu la difficoltà ad accettare la nuova realtà e quindi il dover adattare un nuovo stile di vita su misura per la nuova situazione.
Lungo la tua strada hai conosciuto l’associazione Noi per te; che ruolo hanno avuto questi nuovi amici nell’aiutarti a comprendere e accettare quello che ti è capitato?
Lungo questo percorso, in più occasioni, ho conosciuto tante persone splendide che, accomunate da una malattia, non hanno maschere né desideri di prevaricazione sugli altri; questo consente confronti profondi, anche fra ceti sociali diversi. È da queste esperienze che ho sentito più marcato il bisogno di confrontarmi con gli altri e specialmente con chi ha bisogno di aiuto. Un giorno conobbi una signora ammalata di Sclerosi Multipla che a seguito di una lettera ad un giornale, ricevette talmente tante risposte dai lettori, che nacque l’idea di fondare un’associazione di aiuto reciproco. Questa associazione propone servizi di informazione, ma soprattutto è un punto di incontro e dialogo alla pari tra persone umili che non hanno niente da perdere ma molto da dare: all’interno del gruppo ci si sente a proprio agio perché accettati, ascoltati, aiutati, tutti sullo stesso piano.
Nel 2004 hai frequentato un corso per facilitatori di gruppi di mutuo aiuto organizzato dal Centro Studi Erickson di Trento. Ci racconti questa esperienza?
A seguito di queste esperienze e allo scopo di rafforzare e consolidare il gruppo, alcuni di noi hanno partecipato a dei corsi di specializzazione per “facilitatori di gruppo”. Lo scopo non era assolutamente quello di formare capi, ma semplicemente dei “facilitatori” capaci di far emergere le problematiche e le potenzialità risolutive dei singoli componenti e quindi del gruppo nel suo insieme. È stata un’esperienza molto significativa e utile, che mi ha aiutato a capire quanto siano falsi i valori fondati sul consumismo, sullo spreco, sulla prevaricazione e quanto siano profondi e veri invece, quelli fondati su un rapporto rispettoso verso gli altri e verso la natura. E’ stata un’esperienza che ci ha lasciato tracce profonde e che consiglio a tutti quelli che “lavorano” con gruppi di qualsiasi tipo.
Agli incontri periodici dell’associazione partecipa anche la mamma di un ragazzo con Disturbi dello Sviluppo. Ci puoi raccontare, con il suo aiuto, come riesce a conciliare i propri problemi di salute con le difficoltà del figlio?
Ho girato la domanda a Giulia ed ecco la risposta che ho ricevuto:
“Ho quarant’anni, dopo essermi laureata in psicologia nel 1989, nel 1991 mi sono sposata.
Il mio progetto era di avere subito un figlio, per dedicarmi poi ad una realizzazione professionale inerente ai miei studi.
Un anno dopo, con grande gioia, ho scoperto di aspettare un bambino. Ho vissuto questa gravidanza come il periodo più bello della mia vita. Purtroppo il destino ha voluto interrompere questa mia felicità, perché all’ottavo mese di gravidanza, ho dovuto mettere alla luce il mio bambino in quanto vi era una sofferenza tale che lo metteva in pericolo di vita.
I medici hanno subito detto che mio figlio avrebbe avuto uno sviluppo problematico e che necessitava di essere molto seguito. A questo punto ho scelto di rinunciare al mio lavoro e di mettere a frutto le mie conoscenze per seguire al meglio mio figlio.
I problemi si sono presentati da subito, con difficoltà nell’alimentazione, un ritardo nella deambulazione e nel controllo sfinterico. Il problema più grosso, però, è stato il fatto che a due anni e mezzo ancora non parlava. A questo si aggiungeva un’ansia legata al fatto di non essere compreso subito in ciò che cercava di esprimere, associata a comportamenti ripetitivi e ossessivi. Quando abbiamo tentato di rivolgerci a qualche specialista, ci siamo sentiti dire che se il bambino non parlava, era colpa nostra, perché abbiamo due modi diversi di approcciarci a lui: io troppo dolce e permissiva e mio marito più razionale. A questo primo colpo inferto a noi come genitori, si è aggiunto, al momento dell’inserimento all’asilo, il rifiuto degli altri genitori, l’insofferenza delle insegnanti e conseguente mancata accettazione degli altri bambini.
In questo periodo, ciò che ci è stato più di aiuto è stato venire a conoscenza dell’esistenza di un centro dove veniva praticato il metodo della Comunicazione Facilitata (per saperne di più).
Con l’utilizzo di un computer e facilitando il bambino semplicemente appoggiando la mano sulla sua, si poteva permettergli di scrivere quello che verbalmente non si riusciva a comunicare.
All’inizio ero molto scettica: come può un bambino di 3 anni e mezzo poter essere già in grado di leggere e scrivere? La logopedista è riuscita a farmi ricredere.
Mio figlio ha scelto di essere facilitato solo da me, perché questo lo rendeva molto meno ansioso. Alla vista della figura di una palla, con mio grande stupore, ha scritto subito la parola.
Ho voluto metterlo alla prova, perché pensavo di averlo spinto io a scrivere così. La nuova figura era un fiore: ho cercato di fargli scrivere frutto, ma la sua manina tirava verso i tasti giusti ed ha scritto la parola correttamente.
Ogni pomeriggio, così, per circa mezz’ora utilizzavo con il mio bambino questa tecnica. Tramite questo metodo ho scoperto che lui aveva una capacità mentale ben superiore a quello che dimostrava con il comportamento. Quello che scriveva con il computer era stupefacente.
A sei anni, quando si è reso conto che poteva riuscire a parlare, ha rifiutato l’uso del computer scrivendo: “Si parla con la bocca, non con le mani”.
Nel frattempo, la mia salute ha cominciato a dare segni di cedimento. Nel 1996 ho iniziato ad avere i primi sintomi di Sclerosi Multipla, che è esordita con una neurite ottica.
Negli anni successivi provavo vari formicolii alle gambe, che però non volevo rassegnarmi a prendere in considerazione perché ritenevo più importanti i problemi di mio figlio.
Infatti, il rifiuto da parte di genitori, insegnanti e alunni, si è ripresentato alle elementari. Gli specialisti si limitavano a darci delle “ricette” puramente teoriche, che risultavano inapplicabili per noi e per la scuola.
Solo l’aiuto, dal terzo anno di due brave insegnanti di sostegno, ha permesso a mio figlio di fare grossi progressi. I problemi, comunque, abbiamo dovuto gestirli io e mio marito: fortunatamente abbiamo una grande intesa! In questo la mia sensibilità e la mia pazienza si dimostrarono provvidenziali.
Con l’inizio della scuola media la situazione è notevolmente migliorata, ancora per merito di brave insegnanti di sostegno e per il fatto che il ragazzo si è visto finalmente accettato da insegnanti e compagni di classe: se si rende conto che le persone capiscono e accettano le sue difficoltà, senza giudicare, e gli danno fiducia, possono ottenere da lui il meglio.
Nel frattempo tre anni fa, lo stress ha peggiorato la mia malattia, ma la frequenza dell’associazione “Noi per Te”, dove ho trovato delle persone splendide, mi è stata ed è tuttora, di grande aiuto in questi momenti difficili.”
Fonte: www.aism.it/default.asp
COMUNICATO STAMPA
15 e 16 ottobre: Una Mela per la Vita compie 10 anni
Per chi vuole conoscere la piazza più vicina è attivo 24 ore su 24 il numero 840.50.20.50 (al costo di un solo scatto da tutta Italia). L’elenco sarà, inoltre, disponibile a breve sul sito.
Quest’anno “Una mela per la vita” compie 10 anni. Sabato 15 e domenica 16 ottobre ritorna infatti in 3.000 piazze italiane il consueto appuntamento con la solidarietà per combattere la Sclerosi Multipla, promosso dall’AISM e dalla sua Fondazione, insieme a UNAPROA, la principale unione di produttori ortofrutticoli d’Europa.
Un compleanno che viene festeggiato con la soddisfazione, in questo arco di tempo, di essere riusciti a raccogliere circa 10 milioni di euro che hanno permesso di compiere importanti passi avanti nella ricerca e nell’assistenza offerta alle persone colpite dalla sclerosi multipla.
Una Mela per la Vita nacque infatti 10 anni fa, toccando allora 500 piazze italiane e distribuendo 120 mila sacchetti di mele grazie al lavoro di mille volontari. Dalla prima edizione a oggi, anno dopo anno e grazie alla risposta dei volontari e dei donatori, la manifestazione è cresciuta arrivando, con questa decima edizione, a raggiungere 3.000 piazze e a distribuire, grazie a 10.000 volontari, 340 mila sacchetti di mele, per un totale di oltre 4 milioni di mele emiliano-romagnole, fornite dalla Organizzazione di Produttori Apo Conerpo (associata ad Unaproa), di quattro varietà (Golden, Granny Smith, Red Delicious e Fuji) proprio per rispondere, in maniera capillare, alla generosità di tutti coloro che, con un piccolo contributo, vogliono continuare a sostenere la lotta alla sclerosi multipla.
I fondi raccolti con “Una Mela per la Vita” contribuiranno a finanziare attività di ricerca scientifica e servizi di assistenza dedicati alle persone con sclerosi multipla.